Infezione da Citomegalovirus: trasmissione, sintomi, prevenzione e diagnosi


Il Citomegalovirus ( Cmv ) è un virus diffuso a livello globale, appartenente alla famiglia degli Herpesvirus.
Il virus è molto comune e può infettare chiunque.
Una volta contratta l’infezione, il virus rimane latente all’interno dell’organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario.

Le infezioni da Citomegalovirus sono nella maggior parte degli individui asintomatiche, perché un buon sistema immunitario è in grado di tenerle sotto controllo, ma negli individui immunodepressi possono causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso.

Di particolare rilevanza le le infezioni congenite. Un’infezione da Citomegalovirus contratta durante la gravidanza e trasmessa al feto può arrecare al bambino danni permanenti anche gravi.

Trasmissione e sintomi

L’uomo è l’unico serbatoio di infezione del Citomegalovirus, la cui trasmissione avviene da persona a persona tramite i liquidi del corpo, tra cui sangue, saliva, urina, liquidi seminali, secrezioni vaginali e latte.
Il contagio può avvenire per contatto persona-persona ( per esempio tramite rapporti sessuali, baci sulla bocca, contatto della bocca con mani sporche di urina o saliva ), per trasmissione madre-feto durante la gravidanza o madre-figlio durante l’allattamento, per trasfusioni e trapianti di organi infetti.

Il virus può essere eliminato dall’organismo infetto anche per mesi o anni dopo la prima infezione, specialmente nei bambini piccoli.
I bambini possono addirittura diffonderlo per 5-6 anni dopo la nascita.

La maggior parte degli individui sani, adulti o bambini, che contraggono la malattia non manifesta sintomi e non si accorge dell’infezione, mentre alcuni soggetti sviluppano una forma leggera della malattia con febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi.

Infezioni congenite

Le infezioni congenite di Citomegalovirus avvengono per trasmissione verticale da madre a feto. L’infezione materna viene classificata come primaria quando è acquisita per la prima volta durante la gravidanza in una donna precedentemente sieronegativa, e secondaria quando avviene per riattivazione del virus latente o per reinfezione da un nuovo ceppo in una donna che aveva già contratto l’infezione.

Il rischio di trasmissione al feto non sembra essere correlato al periodo gestazionale durante il quale viene contratta l’infezione. Si ipotizza però un maggior rischio di gravità della malattia quando la trasmissione avviene nei primi tre mesi di gravidanza.

Il rischio di trasmissione al feto varia fra il 30 e il 40% nella forma primaria e fra lo 0.5 e il 2% nella forma secondaria.
L’85-90% dei neonati con infezione congenita è asintomatico. Il 10% circa dei neonati asintomatici presenta sequele tardive, generalmente difetti uditivi di gravità variabile, con possibili decorsi fluttuanti o progressivi.
Il 10-15% circa dei neonati è invece sintomatico, con sintomi che possono essere temporanei o permanenti. Tra quelli temporanei si segnalano in particolare problemi al fegato, alla milza, ai polmoni, ittero, petecchie ( cioè chiazze rosse sulla pelle corrispondenti a piccolissime emorragie ), piccole dimensioni alla nascita e convulsioni. I sintomi permanenti possono essere molto gravi e causare diverse forme di invalidità permanente come sordità, cecità, ritardo mentale, dimensioni piccole della testa, deficit di coordinazione dei movimenti, convulsioni fino alla morte. In alcuni bambini i sintomi compaiono mesi o anni dopo la nascita, e in questi casi i più comuni sono la perdita dell’udito e della vista. La comparsa di disabilità permanenti è più probabile nei bambini che mostrano i sintomi già dalla nascita.

Prevenzione

Non esiste attualmente un vaccino per la prevenzione del Citomegalovirus.
Il modo migliore per limitare il rischio di contagio è un’attenta igiene personale, soprattutto per le categorie di persone più vulnerabili alla malattia ( donne in gravidanza, individui immunodepressi, bambini piccoli o appena nati ).
È sempre buona regola lavarsi le mani con acqua calda e sapone prima di mangiare e di preparare e servire il cibo, dopo aver cambiato i bambini, dopo essere andati in bagno e dopo ogni tipo di contatto con liquidi corporei.
È opportuno evitare di scambiarsi posate o altri utensili durante i pasti, soprattutto con bambini piccoli.

Più in generale la pulizia della casa e soprattutto delle superfici contaminate da liquidi corporei ( come saliva, urina, feci, liquidi seminali e sangue ) facilita la prevenzione del contagio.

Alla luce delle attuali conoscenze lo screening di routine per Citomegalovirus in gravidanza non è raccomandato, per vari motivi, fra cui principalmente: la mancata disponibilità di un trattamento preventivo o curativo efficace; la difficoltà nel definire un segno prognostico affidabile di danno fetale; la mancanza di consenso circa il management delle donne che presentano una sieroconversione in gravidanza; le potenziali conseguenze in termini di ansia indotta, perdite fetali iatrogene e aumentata richiesta di interruzione volontaria della gravidanza.

Diagnosi e trattamento

Sono disponibili diversi test in grado di rilevare l’infezione da Citomegalovirus.
La rilevazione di anticorpi IgG contro il Citomegalovirus su un campione di sangue indica un contatto con il virus, ma non è in grado di determinare né il periodo del contagio ( cioè se l’infezione è in atto o risale al passato ), molto utile in caso di gravidanza, né l’eventuale trasmissione del virus al feto.
Nel caso in cui prima della gravidanza questo test risulti negativo, è importante che la donna presti particolare attenzione alle misure utili a evitare il contagio.

Il test per rilevare gli anticorpi IgM, utilizzato per accertare le infezioni recenti, ha evidenziato spesso dei falsi positivi e non è quindi affidabile senza l’integrazione con altri tipi di test.
Un test utilizzato per risalire al periodo dell’infezione è il test di avidità delle IgG.

Per determinare l’eventuale trasmissione del virus al feto sono necessari esami più invasivi, come l’amniocentesi o l’analisi del sangue fetale.
Per individuare in un neonato un’infezione congenita da Citomegalovirus durante le prime tre settimane di vita si cerca direttamente la presenza del virus ( e non degli anticorpi ) nelle urine, nella saliva e nel sangue.
In caso di infezione congenita da Citomegalovirus non è stato ancora identificato nessun tipo di marcatore prognostico del periodo prenatale per determinare se il neonato sarà sintomatico o se svilupperà sequele.

Non si conoscono trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell’infezione né per ridurre le conseguenze di una infezione congenita.
I farmaci disponibili sono estremamente dannosi per il feto.

Alcuni farmaci antivirali possono aiutare a controllare l’infezione negli individui immunodepressi. ( Xagena_2017 )

Fonte: Istituto Superiore di Sanità, 2017

Xagena_Medicina_2017